Il 25 aprile è una ricorrenza o è storia? La storia, in quanto tale, è vita. Ma la Liberazione dell’Italia, la Resistenza, ha davvero qualcosa da dire a noi oggi?
Italia, seconda guerra Mondiale. Armistizio dell’8/09/43: l’esercito è allo sbando, non si hanno ordini. Qualche tempo dopo, al nord, i repubblichini e i tedeschi fanno rappresaglie continue verso ebrei, antifascisti, oppositori. Nel frattempo, un terzo esercito si prepara: i partigiani.
In mezzo a tutta questa atroce follia, vi sono innumerevoli persone che, nel silenzio, lontano dai riflettori, si danno da fare (fino alla morte) per ciò che è più umano: aiutare e sostenere la vita, indipendentemente da tutto.
Si tratta di giovani, contadini, donne, locandiere. Giovani scout, come quelli delle Aquile Randagie, che rischiano la vita e mettono in pericolo quella delle loro famiglie.
È facile oggi considerare lo sviluppo successivo degli eventi come se l’esito fosse stato da sempre inevitabile, come se – per forza- doveva andare bene. Ma immedesimiamoci: noi, oggi, sappiamo cosa succederà domani? Con che trepidazione ci dibattiamo nelle nostre lotte e fatiche quotidiane? Con che incertezza ci accingiamo alle nostre giornate? Ecco, questo valeva anche per questi uomini: crediamo forse che non avessero paura? Crediamo forse che non fossero consapevoli dei rischi? Crediamo forse che avessero chiaro tutto, chiaro perfettamente che cosa valesse pena? Erano uomini armati di una cosa: l’umanità. Non l’umanità retorica del politicamente corretto, l’umanità reale, autentica, che lotta per la vita in quanto tale. Lotta per la vita: non perché l’altro chieda scusa o riconosca i suoi errori, lotta perché uno possa vivere.
In un momento in cui pubblicamente regnava un tacito assenso al fascismo, alcune persone iniziano – clandestinamente, silenziosamente -, o meglio, non smettono di essere umani.
Quanto “poco” ci vuole affinché, in giornate grigie, ci ricordiamo di vivere e torniamo a sperare, veniamo come rinvigoriti: un messaggio, un sorriso, un’immagine! Quanto coraggio richiede lottare controcorrente, affermando qualcosa di vero ma impopolare! Quanta audacia ci vuole per sostenere la speranza degli altri!
È con gesti di questa stoffa che l’umanità non muore. “Solo Iddio potrà fermare il fascismo. Gli uomini e le cose mai” si legge nelle stazioni ferroviarie tra Lecco e Colico. Un gruppo di giovani aggiunge, imbrattando i muri, “Speriamo in Lui”. Un gesto piccolo, “inutile”, una ragazzata, che dice di una grandezza: nulla è perduto, nulla è pre-stabilito. Si può “lottare”.
Infatti, in un tempo mostruoso, c’è chi non ha mai smesso di essere umano.
Dopo il 25 aprile alcuni continuano a mantenere attive le reti di salvataggio per permettere ai fascisti e addirittura a generali delle SS di mettersi in salvo. Non importa se, fino al giorno prima, erano gli stessi che assassinavano e deportavano. Importa una cosa: lottare per la vita.
È questa la Liberazione che voglio festeggiare. Sono fiera di essere italiana, di essere figlia di questa resistenza, di essere frutto di questa storia, che è una storia di essere umani. È di questo che urge far memoria.
Don Giovanni Barbareschi, dice in un’intervista: “non ci sono liberatori. Ci sono uomini che diventano liberi”.
Siamo eredi di questa storia. Cosa vogliamo farne?
Buon anniversario della Liberazione!
Margherita Bertani